Alcaloidi e chemioterapia antitumorale
È sin dagli anni '40 che gli alcaloidi vegetali sono stati oggetto di intenso studio per trovarne un'applicazione nella terapia dei tumori. Sicuramente il primo a trovare impiego come tale è stata la colchicina, isolata dalla "freddolina" (Colchicum autumnale). Questo alcaloide impedisce la polimerizzazione delle strutture cellulari chiamate "microtubuli" e ha come bersaglio proprio la proteina principale che li costituisce, la tubulina. Tuttavia è molto tossica e il suo impiego nella terapia dei tumori è oggi del tutto abbandonato.
Un'altra classe di alcaloidi è stata introdotta dopo la colchicina per la terapia dei tumori. Si tratta di alcuni alcaloidi isolati dalla Vinca rosea (o Catharanteus roseus) e risultati efficaci nella grande maggioranza dei tumori solidi umani, incluse alcune forme di leucemia/linfoma. Si tratta della vinblastina e della vincristina. Il loro meccanismo molecolare è anch'esso quello di interferire con la dinamica dei microtubuli, in modo simile alla colchicina. Sono tuttavia dotate, tra i loro effetti collaterali, di una spiccata tossicità per le strutture nervose e in particolare per quelle periferiche. Anche per tale ragione sono stati sintetizzati derivati meno tossici, come la vinorelbina e la vinflunina.
Uno dei loro effetti collaterali più precoci sono infatti le nevriti e le neuropatie che comprendono parestesie, pallestesie, dolori di tipo folgorante e difetti trofici. La ragione di questi effetti risiede nella loro stessa base d'azione: interferendo con i microtubuli delle strutture nervose, impediscono il trasporto di proteine essenziali e di alcuni nutrienti a livello periferico. Da questo deriva la sofferenza nervosa. Un buon metodo per tamponare questo effetto è la buona idratazione del paziente e la supplementazione con vitamine del gruppo B, tutte con azione benefica sul trofismo dei nervi periferici.
Un'altra classe di alcalodi impiegata correntemente nella chemioterapia è quella dei "taxani", alcaloidi isolati dal Taxus canadensis e risultati molto attivi in diversi carcinomi e sarcomi umani, mentre il loro impiego nelle emopatie maligne è nullo. Il loro meccanismo d'azione è esattamente opposto a quello della colchicina: invece di impedire la costruzione dei microtubuli, impediscono il loro disassemblamento per ricreare nuove strutture microtubulari (effetto di "congelamento" strutturale). Il primo ad essere sperimentato fu il paclitaxel; sono stati sintetizzati tuttavia derivati con minore tossicità e maggiore biodisponibilità, come il docetaxel.
Un ultimo gruppo che è entrato recentemente nella fase di sperimentazione clinica sono gli alcalodi isolati dalla Camptotheca acuminata. Il prototipo è la camptotecina, che ha come bersaglio non direttamente il DNA, ma un enzima nucleare deputato alla stabilizzazione dell'intero genoma, la topoisomerasi. È risultata attiva contro molte forme di tumore solido e sono stati sintetizzati anche dei suoi derivati leggermente più efficaci e contemporaneamente meno tossici. Tre di questi sono la 9-nitro-camptotecina, il TPT o Topotecano, il CPT-11 o Irinotecano e l'Edotecarin.
Negli anni '80 sono stati studiati più di una trentina di alcaloidi provenienti da varie fonti vegetali. Alcuni di essi sono risultati estremamente efficaci nell'eliminazione di tumori e leucemie indotte in modelli animali. La loro tossicità sistemica tuttavia è risultata ancora troppo elevata per permetterne l'introduzione nella terapia umana. Tra essi i più efficaci sono risultati:
le acronicine (dall' Acronychia baueri)
la talicarpina (dal Thalictrum dasycarpum)
la tetrandrina (dalla Stephania tetrandra)
la cefarantina (dalla Stephania cepharanta)
la ruteacarpina (dalla Evodia ruteacarpa)
la ellipticina (dalla Derria elliptica)
Quest'ultima molecola ha suscitato negli ultimi 5 anni un intenso interesse nel campo dell'oncologia. Il suo 9-idrossiderivato infatti può legare alcune forme mutate (inattive) del famoso oncosoppressore p53 (responsabile della comparsa di tumori solidi) e ripristinarne la funzione corretta. Sono in corso studi di laboratorio per capire il meccanismo con cui questa molecola possa interferire con la progressione tumorale attraverso la manipolazione della proteina p53. Anche per quanto riguarda le acronicine, un loro derivato (S 23906) è attualmente in fase II di sperimentazione (trials clinici) perché risultato molto promettente.
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